Non si parla solo di violenza fisica
La cultura dello stupro è un sistema di credenze, linguaggi e comportamenti che normalizza, giustifica o minimizza la violenza sessuale. Non riguarda solo chi compie uno stupro, ma l’intera società che lo rende possibile attraverso stereotipi, silenzi e colpevolizzazione delle vittime.
È il contesto culturale in cui lo stupro non è percepito come un crimine grave, ma come qualcosa di “fraintendibile”, “inevitabile” o persino provocato dalla vittima stessa.
Come si manifesta nella vita quotidiana
La cultura dello stupro è spesso invisibile, ma pervasiva. Ecco alcune manifestazioni comuni:
- Colpevolizzazione della vittima: “Ma come era vestita?”, “Aveva bevuto?”, “Era sola?”.
- Normalizzazione della violenza nei media, nella musica, nei film.
- Battute sessiste e molestie tollerate o sminuite come “complimenti”.
- Dubbio automatico sulla parola della donna, come se dovesse sempre dimostrare la verità.
- Protezione degli aggressori, soprattutto se “bravi ragazzi”, famosi o di buona famiglia.
Il ruolo degli stereotipi di genere
La cultura dello stupro si nutre di stereotipi tossici come:
- Gli uomini “hanno impulsi che non possono controllare”
- Le donne “devono stare attente a non provocare”
- Il sesso è qualcosa che l’uomo prende e la donna concede
- Le donne “mentono per vendetta o rimorso”
Questi miti creano una narrativa distorta che giustifica l’aggressore e isola la vittima.
Le conseguenze sono reali
Oltre alla sofferenza delle vittime, la cultura dello stupro ha impatti sociali enormi:
- Silenzio e vergogna: molte donne non denunciano per paura di non essere credute.
- Revittimizzazione nei processi legali e mediatici.
- Mancanza di prevenzione e educazione alla cultura del consenso.
- Percezione distorta del sesso e del rispetto nei rapporti interpersonali.
Come combatterla
1. Ascoltare e credere alle vittime
Il primo passo è non mettere in discussione la parola di chi racconta una violenza. Ascoltare senza giudizio è fondamentale.
2. Educare al consenso
Il consenso deve essere chiaro, entusiasta e continuo. Educare ragazze e ragazzi fin da piccoli su questi temi è essenziale.
3. Riconoscere e decostruire i linguaggi tossici
Smettere di ridere a battute sessiste, non usare parole che umiliano, non giustificare mai una molestia o una violenza.
4. Pretendere responsabilità dai media e dalle istituzioni
I media devono smettere di romanticizzare la violenza o di presentare la vittima come “ambigua”. Le istituzioni devono formare operatori, magistrati e forze dell’ordine con una sensibilità aggiornata.